ll lavoratore può registrare di nascosto le conversazioni con i colleghi per tutelare la propria posizione
all’interno dell’azienda: non serve il consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati – come
l’audio “rubato” all’ignaro interlocutore – serve a precostituirsi un mezzo di prova, magari contro il
datore.
Ad esempio, per il dipendente che vuole dimostrare la natura ritorsiva del licenziamento adottato dalla
società. A patto, tuttavia, che l’utilizzo del file non vada oltre le finalità della tesi difensiva e, dunque, le
necessità del legittimo esercizio di un diritto. È quanto emerge dalla sentenza n. 28398, pubblicata il
29.09.2022 dalla sezione lavoro della Cassazione.
(ItaliaOggi – Ratio)